Una mostra siciliana sul ritratto è il pretesto di oggi per approfondire un altro argomento: il ritratto. Com’è nato e si è evoluto il ritratto nel tempo? Scopriamolo insieme, t’invito a proseguire la lettura!
La storia del ritratto nell’arte, le origini
La storia del ritratto sembra risalire alla primitiva arte mesopotamica come testimoniano delle statuette rinvenute a Khafajah (del periodo tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C.) in Iraq.
In Egitto le statue a soggetto umano non erano mai rappresentazioni astratte in quanto recavano sempre i tratti di “qualcuno”, anche se avevano perlopiù destinazione funeraria.
In Grecia, invece, in età arcaica le figurette votive offerte alle divinità non possedevano nessuna caratteristica fisionomica, così come non si ebbe per tutto il V secolo a.C. alcun ritratto privato, se non contraddistinto da un aspetto “tipologico”.
Fu soltanto intorno alla metà del IV secolo a.C., quando la sofistica produsse una nuova valutazione dell’uomo, che apparve il ritratto fisionomico la cui nascita gli studiosi moderni hanno pienamente riconosciuto all’arte greca. Una datazione approssimativa può essere posta dopo il 348 a.C. relativamente alla statua di Platone, opera di Silanion (con repliche ai Musei Vaticani e allo Staatliche Museen di Berlino).

Ritratto scultoreo di Giunio Bruto conservato ai Musei Capitolini di Roma
Il ritratto nell’antica Roma
I ritratti risalenti all’arte etrusca non presentavano nessuna raffigurazione veramente individuale, limitandosi piuttosto ad una estrosa creazione di tipi generici quali per esempio il giovane, l’anziano, la matrona.
A questo tipologia di ritratti s’ispirò la prima ritrattistica in Roma, fino allo sviluppo di ritratti rappresentativi di una particolare ideologia basata sulla forza e su un’austera semplicità (un esempio ne è il ritratto Giunio Bruto ai Musei Capitolini di Roma).
Il ritratto tipicamente romano si affermò decisamente nell’ultimo secolo della Repubblica. La sua origine sembra riconducibile all’ambiente del patriziato, ossia ai nobili dell’antica Roma, che in quanto tali avevano il diritto ad essere rappresentati mediante le immagini .
Con l’età di Silla si determinò il successo del ritratto, in cui il potente realismo si richiamava all’autorità e al prestigio dell’illustre personaggio rappresentato. In seguito, in età augustea, si delineò sotto la spinta di nuovi contenuti politici una ritrattistica ufficiale, destinata con qualche alternativa a perpetuarsi in tutta l’epoca degli imperatori.

Giotto, Enrico Scrovegni dona alla Madonna la Cappella degli Scrovegni, Cappella degli Scrovegni, Padova
Il ritratto nel Medioevo
Con l’avvento della spiritualità cristiana si impedì per tutto il Medioevo la creazione di ritratti. Personaggi individuali compaiono dopo l’anno 1000, ma sempre con una funzione simbolica e perciò poco caratterizzati nella fisionomia.
Il ritratto individuale ricomparve in Italia intorno al 1300: un esempio ne è l’Enrico Scrovegni di Giotto, raffigurato nella Cappella degli Scrovegni di Padova.
Il rinato culto dell’individualità provocò nel Quattrocento una rinascita del ritratto, a cui si diede un valore documentario, commemorativo e celebrativo.

Antonello da Messina, Ritratto Trivulzio, olio su tavola, 1476, Museo civico d’arte antica di Torino.
Il ritratto fiammingo
In Fiandra, soprattutto per influenza di J. Van Eyck, il ritratto divenne minuzioso e realistico, attento a ogni sfumatura fisionomica e psicologica. Il ritratto fiammingo si diffuse in Francia, nella penisola iberica ed ebbe influenza anche in Italia (si pensi al Ritratto Trivulzio di Antonello da Messina, Torino, Museo Civico).
Nel nostro Paese si affermò anche un tipo di ritratto di profilo, già visibile in epoca gotica (Lionello d’Este del Pisanello, conservato all’Accademia Carrara di Bergamo) e accettato poi dagli artisti rinascimentali.

Antonio del Pollaiolo, Ritratto di gentildonna, tecnica mista su tavola, 1470-1472, Museo Poldi Pezzoli, Milano.
Il ritratto dal Cinquecento al Novecento
Nel Cinquecento in reazione al ritratto-documento, concentrato sul volto, si affermò il ritratto a mezza figura (già usato da Leonardo nel suo ritratto dedicato a Ginevra de’ Benci), che era adatto a cogliere gli aspetti più generali del personaggio.
Uno schema usato anche da Raffaello (un esempio è il suo Baldassar Castiglione), ma anche dai manieristi toscani (Pontormo, Bronzino) con intenzioni celebrative.
Durante il Seicento il ritratto barocco puntò su effetti di nobiltà e grandezza; esemplare da questo punto di vista fu il Bernini, attento a cogliere la posa e l’espressione più caratterizzanti (Scipione Borghese, Roma, Galleria Borghese; Luigi XIV, Versailles, Sala di Diana). Fiorì anche il ritratto di gruppo, specie a Bergamo grazie a Fra Galgario e in Fiandra commissionato da confraternite o corpi militari.

Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de’ Benci, dipinto a tempera e olio su tavola, 1474, National Gallery of Art di Washington.
Nel Settecento il ritratto fu soprattutto quello di rappresentanza, artificioso e scenografico, mentre nei ritratti femminili grande attenzione fu data alle acconciature e alle vesti.
Con il neoclassicismo il ritratto pur mantenendo precise note realistiche, venne idealizzato alla greca e rivestito di una patina eroica (come per la statua di Napoleone del Canova, Milano, Brera). Nella seconda metà dell’Ottocento fu la volta del ritratto impressionista e del ritratto d’ambiente.

Statua di Napoleone nelle vesti di “Marte pacificatore”, realizzata da Antonio Canova, presente nel cortile d’onore della Pinacoteca di Brera
Col Novecento si puntò decisamente sul cogliere la psicologia del personaggio: in questo senso vanno intesi i ritratti di Matisse, Klee, Bacon e degli altri artisti dedicatisi a questo genere.
La mostra sul ritratto al Museo Pepoli
Ispirata alla storia del ritratto è la mostra “Il ritratto nel Novecento. Capolavori dai Musei Civici di Milano” presso il Museo Regionale Agostino Pepoli di Trapani, in Sicilia.
Sotto osservazione il ritratto nel corso dei secoli, dal Quattrocento al Novecento con opere provenienti, per l’appunto, dai Musei civici di Milano tra cui alcuni capolavori del Museo del Novecento e della GAM.

Giorgio de Chirico, Autunno, olio su cartone applicato su tela, 1935, Museo del 900, Milano
Il Museo Pepoli, dal canto suo, conserva altre opere pregiate come tele e tavole risalenti al periodo tra XIII e XIX secolo, presepi di artigiani trapanesi, sculture tra cui alcune in argento e in corallo, gioielli appartenenti al Tesoro della Madonna di Trapani e altre preziosità indubbiamente da scoprire.
La mostra, dove e quando
Il ritratto nel Novecento. Capolavori dai Musei civici di Milano, 10 agosto – 10 novembre 2019, Museo Regionale Agostino Pepoli, Via Conte Agostino Pepoli 180, Trapani. Biglietti: intero € 6, ridotto € 3.

Leave a Comment