La fotografa Claudia Andujar ha avuto il grande pregio di aver contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dei diritti delle popolazioni indigene come gli Yanomami, il popolo col quale è venuta a contatto realizzando reportage.
M’è sembrato giusto approfondirne, dopo aver scoperto una mostra omaggio a lei riservata.
Claudia Andujar, la biografia
La fotografa Claudia Andujar è una che ha a cuore il tema della resistenza umana, vissuta anzitempo sulla propria pelle. Nata infatti Claudine Haas nel 1931 a Neuchâtel, in Svizzera, da padre ungherese ebreo e madre svizzera fa subito i conti con il nazismo durante la seconda guerra mondiale: il padre muore nel campo di concentramento di Dachau, così lei e la madre fuggono dapprima in Austria poi nuovamente nella natia Svizzera e in seguito negli Stati Uniti.
Negli USA si dedica agli studi umanistici presso l’Hunter College di New York City e proprio qui, a NY, incontra il rifugiato spagnolo Julio Andujar di cui s’innamora e che sposa nel 1949, conservandone ad oggi il cognome nonostante la separazione. Nel 1956 la Andujar si trasferisce in Brasile per raggiungere la madre e intraprendere la carriera di fotografa.

Claudia Andujar ritratta nella sua casa di San Paolo in Brasile nel 2019. Foto di Victor Moriayama/Le Monde Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Un progetto sul popolo indigeno Karajá, nel Brasile centrale, la porta infatti a iniziare una carriera nel mondo del fotogiornalismo grazie al quale conquista pubblicazioni su varie riviste, tra cui Life.
Claudia Andujar e il popolo Yanomami
In Brasile Claudia Andujar scopre anche la cultura del popolo Yanomami con cui viene a contatto grazie ad un fotoreportage realizzato per la rivista Realidade. Un’esperienza che la appassiona così tanto che nel 1978 è tra i fondatori della Commissione Pro Yanomami (CCPY), un’organizzazione per la difesa dei diritti degli Yanomami che ha diretto lei stessa per un bel po’ di anni. Ha anche incentivato la costruzione, da parte del governo brasiliano, del Parco Yanomami, un’area protetta riservata a questa popolazione amerindia.

© Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Tutto questo ha portato Claudia Andujar ad essere riconosciuta come attivista dei diritti umani, in particolare quelli delle popolazioni indigene sudamericane come gli Yanomami che ha cercato di aiutare in ogni modo, oltre a documentare la loro vita, le loro abitudini e tradizioni.
Portando assistenza medica quando scoppiò tra questa gente l’epidemia di morbillo in seguito ad un progetto autostradale sul loro territorio, o quando i cercatori d’oro illegali fecero scoppiare nella regione l’epidemia di malaria e avvelenamento da mercurio inquinando le fonti di acqua e di cibo. Per non parlare dei casi massicci di incendi e di deforestazione.

© Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Avvelenamenti che continuano ancora oggi, complicati dalla recente pandemia abbattutasi anch’essa su queste popolazioni sempre a causa degli invasori, da sempre obnubilati dai propri interessi personali e poco, o per niente, rispettosi di quelli altrui.
L’attivismo di Claudia Andujar
Gli scatti fotografici di Claudia Andujar, esposti nelle collezioni di vari musei tra cui il Museum of Modern Art e l’Eastman House di Rochester, entrambi a New York, hanno contribuito in modo significativo a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sia vitale rispettare le zone verdi della terra – i cosiddetti polmoni terrestri – in particolare quelle della Foresta Amazzonica con le relative popolazioni che ci vivono.
Un lavoro che è valso alla fotografa svizzero-brasiliana vari riconoscimenti e onorificenze in ambito culturale e ambientale.

Susi Korihana thëri, pellicola infrared. Catrimani, Roraima, 1972-1974. © Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ma cerchiamo di capire meglio anche il popolo Yanomami. Chi sono esattamente? T’invito a scoprirlo qui sotto.
La popolazione amazzonica degli Yanomami
Gli Yanomami, o Yanomamö, sono una delle più numerose popolazioni indigene del Sud America, abitanti di quella zona di foresta amazzonica che si estende tra il Brasile settentrionale e il Venezuela meridionale, il cuore della foresta pluviale.
Vivono in villaggi chiamati yano o shabono dalla tipica forma ovale, che possono ospitare da 50 a 400 persone appartenenti allo stesso ceppo familiare. Tendono a vivere sotto lo stesso tetto ma ciascuna famiglia è suddivisa da pali di sostegno.

Decorazione con piume. Multiesposizione, Catrimani, Roraima, 1974. © Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ad oggi almeno 3 gruppi di essi rimangono incontattati, cioè privi di contatto col mondo esterno, per loro stessa volontà, in modo da continuare a poter vivere in pace nel rispetto delle proprie tradizioni e non essere contaminati dagli invasori, in genere portatori di malattie e distruzioni.
Gli stili di vita
La popolazione Yanomami crede fortemente nell’uguaglianza tra le persone e non riconosce “capi”. Infatti la loro organizzazione politica e sociale è priva di una leadership centralizzata e coercitiva. L’accesso pertanto al ruolo di leader è uguale per tutti i membri del villaggio.
Anche il loro stile di vita è di tipo comunitario: nessun cacciatore mangia la carne dell’animale che ha ucciso, ma la cede ad amici e familiari ricevendo in cambio la carne da un altro cacciatore.
Costoro inoltre vivendo perennemente a contatto con la natura hanno una vastissima conoscenza botanica oltre ad una sofisticata relazione con l’ambiente: nel loro quotidiano utilizzano circa 500 piante per nutrirsi e curarsi ma anche per costruire case e manufatti.

Catrimani, Roraima, 1976. © Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Le tradizioni ancestrali
Gli Yanomami, come la maggior parte delle popolazioni indigene, hanno una predilezione per il mondo spirituale: ogni creatura, montagna, roccia o albero che sia per loro ha un proprio spirito. Talvolta questi spiriti possono rivelarsi ostili al punto da portare malattie, che cercano di contrastare tramite lo sciamanesimo e i suoi riti.
Un mondo in parte incontaminato che ci riporta alle origini e per questo affascinante, un universo da tutelare ai fini della biodiversità terrestre ma anche per tutte le popolazioni della Terra, compresi noi occidentali, come ha asserito Davi Yanomami, portavoce di questo popolo e principale leader degli indios brasiliani, nel suo libro La Caduta del cielo (edizioni Nottetempo).

© Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
Gli scatti di Claudia Andujar alla Triennale di Milano
Dedicata a questo affascinante popolo è la mostra, organizzata dalla Triennale di Milano in collaborazione con la Fondazione Cartier, “Claudia Andujar: La lotta Yanomami“: la più grande esposizione finora dedicata al lavoro e all’attivismo della fotografa Claudia Andujar.
La mostra, curata dal Direttore del Dipartimento di Fotografia contemporanea dell’Istituto Moreira Salles in Brasile, Thyago Nogueira, espone l’opera della Andujar tra fotografie a colori e altre in bianco e nero, installazioni, documenti storici, ma anche disegni e un filmato realizzato dagli stessi Yanomami.

© Claudia Andujar Courtesy Fondation Cartier pour l’art contemporain
La rassegna (attualmente chiusa) dura, salvo ulteriori indicazioni, fino ai primi di febbraio ma è possibile cogliere degli spezzoni online tramite questo link oppure tramite Youtube. Buona visione!
La mostra, dove e quando
Claudia Andujar: la lotta Yanomami, 17 ottobre 2020 – 7 febbraio 2021, Fondazione La Triennale di Milano, Viale Emilio Alemagna 6, Milano. Sul sito maggiori informazioni.

2 COMMENTS
Keep Calm & Drink Coffee
3 anni agoGrazie!
Ho imparato due cose che non sapevo!
Ho conosciuto Claudia Andujar e mi è piaciuto moltissimo lo sguardo che hai aperto sulla sua vita, e ho conosciuto anche il popolo degli Yanomami.
Le foto sono davvero fantastiche, oltre che suggestive ed ho trovato tutto molto interessante.
Maria Curci
3 anni ago AUTHORGrazie a te! <3
Anche per me è stata un'altra bellissima scoperta!