Il fotografo americano Robert Mapplethorpe è il protagonista con i suoi scatti al Museo Novecento di Firenze insieme ad un altro fotografo col quale presenta elementi in comune, il tedesco Wilhelm von Gloeden. T’invito a scoprirli insieme a me entrambi!
Robert Mapplethorpe, la biografia
Robert Mapplethorpe (New York, novembre 1946 – Boston, marzo 1989), americano di origini irlandesi, lo si può considerare un esteta che ha fatto della ribellione la propria arte, avvantaggiato in questo da un periodo storico quale quello tra gli anni 60 e 80, contraddistinto da una certa effervescenza giovanile.
Il fotografo Robert Mapplethorpe deve la fama alle sue fotografie sessualmente esplicite, un modo per sdoganare non solo l’amore omosessuale, che lo coinvolgeva direttamente, ma anche pratiche erotiche non moralmente e comunemente accettate come quelle sadomaso.

Robert Mapplethorpe, Self portrait, 1982, Photo credit Robert Mapplethorpe Foundation
Fu grazie a personaggi come lui che s’infranse un tabù: quello legato al sesso e alla pornografia ma anche all’amore diverso, come quello gay. Mapplethorpe cercò di cogliere da vicino, e senza filtri, la sottocultura omosex newyorchese di cui lui stesso fece parte ma anche di incarnare la sua idea di bellezza (“La bellezza e il diavolo sono la stessa cosa” diceva), una bellezza ispirata ai canoni del mondo classico.
La passione per il sesso e il mondo classico
Robert Mapplethorpe fu un fotografo atipico, era un appassionato di arte contemporanea ma anche dei capolavori, specie quelli scultorei, dei grandi maestri (un esempio su tutti: il David di Michelangelo). Come ha sostenuto in merito Michael Ward Stout, Presidente della Robert Mapplethorpe Foundation, “si sforzava di catturare, attraverso la sua fotografia, la particolare forma di perfezione che percepiva nel lavoro di Michelangelo e di altri maestri rinascimentali”. Lo stesso Robert affermò: “La fotografia è un modo sbrigativo di fare scultura”.
Scelse per questo scopo, come soggetti per i suoi ritratti fotografici, soprattutto attori pornografici afroamericani ritraendoli in pose statuarie richiamanti la mitologia classica o, all’inverso, in pose ispirate a pratiche erotiche estreme come il bondage o il BDSM a cui egli stesso si sottopose da vero sovversivo.

Derrick Cross, Robert Mapplethorpe Foundation
Gli scatti fotografici di Robert Mapplethorpe, tuttavia, anche quelli più facilmente soggetti alle controversie della censura, sono resi raffinati grazie al sapiente uso di colori neutri come il bianco, il nero e il grigio associati a sofisticatissime tecniche di stampa in bianco e nero al platino.
L’artista americano si dedicò anche ai ritratti delle celebrità (tra cui l’immancabile Andy Warhol e pure Amanda Lear), agli studi di nudo maschile e femminile – come quelli con protagonista la celebre culturista americana Lisa Lyon, campionessa di body building nel 1980 – e ai soggetti botanici come i fiori, in particolare i gigli calla, dove non mancano anche in tal caso le allusioni al sesso, d’altronde i fiori sono gli organi della riproduzione sessuale di molte piante.
Il sesso, ad ogni modo, è da considerarsi non come il fine ultimo bensì come il tramite di un processo artistico-creativo il cui scopo era ben altro: raggiungere la perfezione della forma in un mondo imperfetto. Dalle sue fotografie, infatti, traspare la precisione, che fa rima con perfezione, tutto era calcolato fino all’ultimo dettaglio: la posa, la gestualità, la luce.
Eppure la prima parte della vita di Robert Mapplethorpe, figlio di genitori cattolici della media borghesia americana con origini irlandesi, fu normale, almeno in apparenza: cercò di tenere a bada le sue inclinazioni sessuali, ancora incerte, e s’iscrisse durante l’adolescenza al Pratt Institute di Brooklyn, già frequentato dal padre, ingegnere e fotoamatore. Allo stesso modo entrò a far parte, come il padre, di un programma formativo per ufficiali delle forze armate, attivo in numerose scuole tra cui la sua.

Patti Smith fotografata da Robert Mapplethorpe, 1986. Photo credit Robert Mapplethorpe Foundation
Sono anni in cui il futuro fotografo cerca di mettere a tacere la sua natura omosessuale, che stava cominciando a far capolino, esibendo un machismo di maniera. Ma sono anche gli anni Sessanta, gli anni in cui esplodono la filosofia hippy, le proteste giovanili, la guerra in Vietnam, i movimenti per i diritti delle donne e dei gay.
Pertanto il giovane Robert si lascia travolgere da tutto questo e grazie all’amicizia con gli studenti del corso di arte al quale era iscritto comincia a sperimentare le droghe, per poi terminare anzitempo gli studi.
Robert Mapplethorpe e Patti Smith
Nel 1967 l’incontro con Patti Smith rappresenta la svolta: s’innamora di lei e convivono per sette anni condividendo stanze d’albergo, dapprima come amanti e poi, una volta presa coscienza della propria omosessualità da parte di Mapplethorpe, come amici.
La Smith, aspirante cantante e poetessa rock, diventa la sua musa; non a caso è opera sua la copertina dell’album “Horses”. Insieme Robert e Patti trovano se stessi, in armonia con le proprie passioni: la fotografia per l’uno e la musica rock per l’altra.
Dopo Patti Smith un altro incontro chiave per Robert Mapplethorpe fu quello col collezionista d’arte e mecenate Sam Wagstaff, che divenne suo compagno di vita e che lo introdusse sia nella società che conta permettendogli di acquisire la notorietà, sia nella comunità gay di New York – che viveva di droga e sesso estremo – raccontata dallo stesso Mapplethorpe nelle sue fotografie.

Wilhelm von Gloeden, Fauno, 1890-1900, Archivi Alinari
Robert Mapplethorpe, la mostra a Firenze
Dedicata al fotografo Robert Mapplethorpe è la mostra “Mapplethorpe – Von Gloeden. Beauty and desire” presso il Museo Novecento di Firenze dove le foto dell’artista americano vengono messe in relazione a quelle del barone Wilhelm von Gloeden (Wismar, 1856 – Taormina, 1931), fotografo tedesco vissuto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo dopo, attivo soprattutto in Italia.
Da appassionato d’arte e collezionista di fotografie Robert Mapplethorpe conosce agli inizi degli anni Ottanta l’opera del barone Wilhelm von Gloeden, grazie anche ai contatti con il gallerista Lucio Amelio e a un soggiorno a Napoli.
Una conoscenza che probabilmente appare inevitabile dati i temi in comune tra i due a cominciare dall’amore per la classicità per poi convergere entrambi lungo traiettorie estetiche non scontate e a tratti perturbanti, ponendo l’attenzione sul tema del corpo e della sessualità.
Un’eco che giunge fino alla cultura visiva contemporanea, dove la censura e il giudizio morale sono sempre pronti a mettere sotto accusa la bellezza e il desiderio.
La mostra, dove e quando
Mapplethorpe-Von Gloeden. Beauty and desire, 23 settembre 2023 – 14 febbraio 2024, Museo Novecento, Piazza Santa Maria Novella 10, Firenze. Per info su biglietti e orari ti consiglio di visionare questo link.

Leave a Comment